Santa Cecilia e l’angelo
Carlo Saraceni (c. 1580–1620)
Santa Cecilia e l’angelo, c. 1610
Oil on canvas / olio su tela, 172 x 139 cm
Galleria Nazionale di Arte Antica
Palazzo Barberini
La raffigurazione ci appare nel contempo solenne e poetica, tutta giocata sul muto dialogo tra l’angelo e santa Cecilia, uniti in uno sguardo profondo e toccante. Ma è la figura dell’angelo, messaggero divino, a dominare la scena con le sue grandi ali aperte, che occupano l’intero spazio della tela e sono solcate da lampi di luce che illuminano le piume chiare, quasi argentate. La scelta dell’iconografia va messa in relazione alla diffusione del culto di santa Cecilia, antica martire cristiana le cui spoglie erano state rinvenute nell’anno giubilare del Seicento proprio nella chiesa a lei dedicata in Trastevere.
Carlo Saraceni mette qui genialmente in scena una sintesi tra il tema sacro della santa e quello profano del concerto, in voga a Roma a seguito delle invenzioni di Caravaggio e dell’amore per la musica di tanti importanti mecenati del periodo. L’opera dell’artista appare sofisticata e originale nella citazione perfettamente puntuale degli strumenti musicali così ben identificabili: il grande contrabbasso sorretto dall’angelo, che chiude lateralmente l’immagine, il liuto, la ciaramella, il flauto dolce, il violino e l’arpa, in secondo piano, vicino al drappo rosso. Nato a Venezia, Saraceni giunge a Roma alla fine del Cinquecento divenendo uno dei primi seguaci di Caravaggio del quale offre però un’interpretazione personalissima e lirica rispetto alle drammatiche invenzioni del maestro.
Testo di Anna Lo Bianco
Direttore fino al 2013 della Galleria Nazionale di Arte Antica di Palazzo Barberini
Foto per gentile concessione dell’Archivio Fotografico Soprintendenza Speciale per il Patrimonio Artistico ed Etnoantropologico e per il Polo Museale della Città di Roma